venerdì 10 agosto 2012

Tappa 3: Rif. Boè - Rif. Pian dei Fiacconi

Stamattina al Boè il clima era limpido e fresco; opzionalmente, alcuni di noi sono saliti sul Piz Boè, la cima lì di fronte, che personalmente ho evitato per pigrizia ma con un po’ di pentimento in seguito ai commenti soddisfatti.
“Solo pochi riuscirono a salire al pizzo. Partiti alla ben ora delle otto del mattino il gruppo di superstiti si avvia presso la cima stabilita. Senza zaino l’avventuroso gruppo si avvia verso la cima. La salita è ripida e faticosa ma la forza della volontà ci aiuta ad andare avanti. Salita la prima parte ripida del sentiero ci troviamo una strada in legno con corrimano a fianco; in ordinata fila indiana ci avviamo alla salita del Capanna Fassa”
[Michele]
 “..luogo dal quale si potè ammirare lo spettacolare panorama, paragonato dalle guido turistiche ad uno scenario lunare.”
[Flavio]
Mentre loro salivano, noialtri siamo rimasti per un po’ in rifugio a leggere o giocare a carte. Poi abbiamo iniziato ad avvicinarci, nel mentre che loro erano in vetta, e giunti al Sass Pordoi (sopra all’omonima forcella) abbiamo aspettato i mancanti per prendere la funivia che ci avrebbe portati al Passo Pordoi. Da lì (rifornimento acqua, pausa di organizzazione tecnica) su per il fianco del Sass Becè, dopo il quale, scandito dalla presenza della baita Fredarola (animata da interessanti emissioni radio dal gusto funky) ha avuto inizio la popolare ed affollatissima Via del Pane (caratterizzata non solo da un considerevole numero di italiani rispetto alla consueta fauna crucca, ma anche da un abbondante numero di famigliole con bambini).
La Via del Pane, infatti, per quanto relativamente lunga, si snoda su un bellissimo costolone tutto in falsopiano, fatta eccezione per un ultimo breve tratto in discesa.
Questo arrivo è in concomitanza della strada, del rifugio Castiglioni alla Marmolada e della grande diga del Fedaia, lago artificiale che pare mosso dai venti come un mare.
Qui qualcuno prende una bibita, e nel frattempo vengo chiamata a trascrivere su computer (il computer del capofamiglia Fasolato, Alessandro, che è sbucato ad un certo punto con la giovine Sara) il manoscritto precedente a questo, che probabilmente avrà la stessa destinazione.
Nel mentre che scrivo tutti scompaiono eccetto Flavio e Fabio (anche Flavio deve trascrivere il suo e Fabio ce li visionerà), e una volta finito in fretta e fuoria raggiungiamo gli altri, perché la bidonvia chiude alle cinque e dobbiamo affrettarci.
La bidonvia è –per me- qualcosa di nuovo. E’ letteralmente un cesto, con le sbarre fino alle costole, e per il  resto completamente coperta, un’ovovia come massimo biposto e all’aperto.
Non per vertiginosi.
E fortuna però che l’abbiamo presa, perché sale per un bel po’, forse un quarto d’ora, per un tratto bello ripido. Ed in cima, immediatamente, il rifugio Pian de’ Fiacconi, 2626 metri.
E’ questo un rifugio sobrio e legnoso, odora di cera per mobili e ha grossi tavoli con panche in legno ergonomiche come quelle di alcuni vecchi parchi, e che si affacciano su una vetrata più che panoramica: da qui si vede tutto, anche il Piz Boè, che sembra lontanissimo e dista invece nove ore, con tutto di soste e attese.
Quel che poi c’è di interessante qui (è un rifugio base per le salite alla Marmolada, lo staff è giovane e il sito curatissimo) è il menù, che ha completato (scusate se mi dilungo) con coronamento l’ambiente gradevolissimo: polenta, stinco, patate, e uno strüdel… poetico.


Prima di cena abbiamo fatto una doccia e il toglierci l’appiccicume di dosso ha aiutato i sensi. Dopo cena una brevissima sessione di carte, perché qui chi sale alla Marmolada va a letto molto presto, e perché a causa della mancanza di posti una decina di persone dorme sotto nel salone in cui si pranza, così gli oste apparecchiano la tavola di materassi per letti rudimentali. ..Noi andiamo a coricarci nei nostri letti-cuccia di legno, pronti per l’indomani.

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