Era una notte buia e tempestosa.. e a un tratto echeggiò uno
sparo. ..Ah no scusate, Mauro mi ha suggerito di iniziare così e non ho saputo
resistere alla tentazione..
Stamattina ci siamo alzati al rifugio Cavazza al Pisciadù e
dopo una modesta colazione ci siamo avvicinati alla ferrata Tridentina, per
percorrerne, alcuni di noi, l’ultimo tratto: siamo discesi giù fino
all’attacco, e ci siamo accodati ad una folla numerosa e tedesca: non si
capisce, da queste parti, quale sia la soglia di italianità. Sembra una
diatriba tra appartenenza geografica e nazionalità; come noi questi ultimi si
apprestavano a salire per un ripido tratto attrezzato, con pioli, scalette, e,
nel tratto finale, un ponte tibetano. Siamo risaliti e dopo una piccola pausa
abbiamo ripreso gli zaini per avvicinarci alla seconda tappa, il rifugio in cui
dormiremo stanotte: il Boè, a 2873 metri slm.
Durante il tragitto, piuttosto a sfasciumi (com’è tipico
delle Dolomiti),abbiamo incontrato la cima Pisciadù, e l’abbiamo affrontata
senza zaini, un poco più lungo di quanto credessimo, morfologicamente, con
scalini e appigli per le mani; quello altoatesino è un territorio completamente
diverso da quello a cui siamo abituati in Piemonte e Val D’Aosta.
Scesi dalla Pisciadù abbiamo consumato i pranzi al sacco
panino-acqua-e-mela, e per le tre ore successive abbiamo camminato, sotto un
sole pallido, fino al Passo Sella spinti e contrastati fino all’arrivo in
rifugio da un vento tagliente ed ubriaco.. alcune recensioni lo definiscono
dantesco, forse per la profondità e l’altezza altalenanti di quelle rocce
strane che mostrano e celano il panorama, lungo quello che in effetti è il
sentiero numero 666, che se non proprio c’è Caronte, qualcosa di quantomeno
satanico lo possiede.
Infine la forcella con un’unica salita (che avremmo potuto
aggirare con un tratto attrezzato, ma che abbiamo evitato per motivi di
incertezza metereologica) ci ha condotto in rifugio, dove siamo arrivati per le
quattro e mezza.
Ora i tedeschi hanno inondato l’ingresso arredato di tavoli
e panche di legno, con i loro cellulari e le loro birre, ma poco fa si sentiva
fischiare il vento fuori come si fosse in una baracca nel mezzo di una bufera
del Klondyke De’ Paperoniano. –Ho fame! Al proposito, qui si mangia alle sei e
mezza…
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